Ci farebbe piacere ragionare insieme su alcuni dati che fotografano la disponibilità al credito in Italia e di opportunità e minacce con i nuovi decreti-legge “Cura Italia” e “Liquidità Italia”.
- Da una recente indagine della CGA di Mestre emerge che le imprese con meno di 20 addetti, che costituiscono il 98% circa del totale, ricevono dalle banche solo il 18% circa degli impieghi vivi, contro l’82% che finisce nelle casse delle realtà produttive più strutturate, circa il 2% delle imprese in Italia.
- Nel 2017 hanno chiuso i battenti 91.500 imprese accompagnate dalle ulteriori 90.000 del 2018, mentre il sistema bancario riduceva lo stock di finanziamenti alle imprese di 37 miliardi di euro nel 2017 e di ulteriori 50 miliardi di euro nel 2018.
(*da una intervista a Lello Piperno su Il Sole 24 ore del 24 settembre 2019)
Negli ultimi 10 anni il sistema ha ridotto gli impieghi di circa 340 miliardi di euro a fronte di un PIL – in crescita, seppur ridotta, con segno positivo – controbilanciata per non oltre 50 miliardi dal Fintech.
Questi sono i drammatici numeri del credit crunch che ha colpito e indebolito il nostro sistema produttivo già affetto da nanismo, eccessiva frammentazione di tutta la filiera produttiva e mancanza di visione strategica e globale di buona parte del management e dell’imprenditoria.
Rimandiamo a dei prossimi articoli gli approfondimenti sulle cause di tutto ciò e sulla nascita del Fintech, per ora ci focalizziamo sui recenti decreti.
Si calcola che il sistema si appresti a rendere disponibili circa 400 miliardi di euro per finanziare soprattutto le Micro Pmi e le Grandi Imprese, la base produttiva e vero zoccolo duro del sistema Italia.
Che non si scherzi, al di là delle immaginabili iniziali inefficienze nel far partire il meccanismo, basti pensare che tali prestiti si configurano sia in “aiuti di stato” (il microcredito fino a 25.000 euro contro garantito MCC) sia in agevolazioni all’accesso al credito eliminando le barriere all’accesso.
Infatti, nel secondo caso lo Stato fornisce garanzia diretta – tra 80% e il 100% a seconda del caso – agli enti eroganti senza tenere conto del rating su semplice richiesta e dichiarazioni minime come da modulo prestampato per un importo massimo pari al 25% dei ricavi dell’ultimo esercizio depositato o del doppio delle mercedi. Inoltre, si rimuove l’ostacolo di non finanziabilità per quelle Aziende che risultino segnalate o in sofferenza, a patto che tali eventi siano riferibili a data posteriore al 1° gennaio 2020 anche se non in bonis.
La contro garanzia viene erogata anche in presenza di moratoria Covid e le moratorie estese anche ai piani di rientro purché in bonis al 31 dicembre 2019.
Nel contempo vengono congelate le posizioni degli affidamenti in scadenza sino al 30 settembre e resi liquidi eventuali insoluti.
Se facciamo quattro conti vengono restituite al mercato quelle disponibilità venute a mancare negli ultimi 10 anni e finalizzate al sostegno proprio della categoria più penalizzata sin ora: le aziende da 1 a 250 addetti e senza troppe formalità andando in parte a sanare quella frattura nel trattamento tra la Grande Impresa e l’Industria con il resto del mercato.
Questa in sintesi la buona notizia, ma veniamo ai lati oscuri della faccenda.
Si dona ampio accesso al credito in realtà non per effettuare investimenti e rilanciare le PMI ma per dare fiato e resistere alla tempesta perfetta scatenata da Covid 19 con il fermo di due / tre mesi dell’economia.
Cosa implichi ciò è presto detto: i bilanci del 2020 vedranno probabilmente un drastico calo dei ricavi senza un analogo crollo dei costi salvo che alla ripresa le aziende si troveranno zavorrate da nuovi debiti senza che essi siano stati prevalentemente utilizzati per investimenti produttivi, quindi un costo che non genererà ricavi futuri.
Molte aziende si troveranno molto probabilmente bilanci in forte perdita, anche se finanziariamente in grado di resistere grazie ai debiti, con un conto economico che vedrà la maggior parte esibire patrimoni netti al di sotto del limite legale se non negativi.
Per ovviare a ciò il Governo ha comunque messo in campo contromosse:
- rinvio della validità della L. 155/2017 (Nuovo Codice della crisi) dando quindi il tempo alle aziende di potersi adeguare senza doversi in massa segnalare all’organismo preposto
- ampia disponibilità al ricorso della cassa integrazione con modalità speciali e con caratteristiche di urgenza
- possibilità, in deroga all’attuale legge fallimentare, di depositare bilanci in perdita con patrimonio netto negativo senza conseguenze amministrative e giuridiche
Tali interventi saranno un boomerang se passata la crisi Covid lo Stato non vari interventi ancor più ambiziosi per il rilancio della produttività e dei consumi. Vero che abbiamo la bilancia dei pagamenti in attivo ancora del 3% circa, ma non possiamo contare solo sull’estero, e l’appesantimento dei conti potrebbe inoltre renderci ancor meno competitivi verso i competitor esteri.
I finanziamenti Covid hanno comunque uno scotto da pagare, con la garanzia diretta del Fondo di garanzia ci si porta in casa, in caso di fallimento futuro, un creditore privilegiato e ciò potrebbe avere conseguenze dirette sui patrimoni degli amministratori o degli imprenditori.
In sintesi, ci permettiamo di fare una seria riflessione sul fatto che prima di indebitarsi andrebbe fatto un serio business plan per i futuri esercizi e sforzarsi di approfittare della situazione per rivedere radicalmente la strutturazione di costi e ricavi, destinando quanto più possibile a degli investimenti produttivi che vadano ad incidere da un lato sui costi e dall’altro che permettano di diversificare e aumentare i ricavi nel medio periodo. Magari facendo anche shopping di quelle aziende collaterali al business meno lungimiranti.
In assenza di una visione e direzione futura l’imprenditore viceversa rischia di trovarsi seduto su una bomba ad orologeria pronta ad esplodere.
Come sempre le grosse crisi segnano lo spartiacque tra chi ha abbastanza visione futura da non solo adeguarsi ma anche di prevenire la massa, e tra chi invece viaggia di conserva semplicemente reagendo a ciò che accade senza un preciso disegno confidando nella buona sorte.
Indovinate un po’ chi sopravvive e prospera nel dopo crisi?
Marco Simontacchi
17 aprile 2020